Nicanora, la nonnina di ferro (Bolivia)
Nicanora è una delle “abuelitas” di Cochabamba e ha 90 anni. Quando la figlia è morta, ormai dieci anni fa, viveva in casa con lei, in una piccola stanza.
Lì è rimasta, con i suoi cinque nipoti. Su di loro però non poteva fare affidamento: quattro nipoti sono dediti all’alcool e danno molti problemi, il nipote più giovane invece aveva disabilità fisiche e mentali. Da questa situazione Nicanora non è fuggita. Si è rimboccata le maniche e ha accudito giorno dopo giorno il nipote di vent’anni nelle sue necessità. Lo ha aiutato a lavarsi, a vestirsi, a mangiare. Lo ha fatto per sei anni, fino alla sua morte. Ora che lui non c’è più, sente molto il peso della solitudine.
Così racconta ai volontari di Voserdem, che vanno a trovarla regolarmente per portare qualche genere alimentare e farle un po’ di compagnia.
Nonostante la situazione, però, la nonnina di ferro va avanti. Con le sue mani fila la lana di pecora, la colora con le tinture dai colori accesi della Bolivia e realizza sul telaio i suoi tessuti. Tessuti dalla fibra forte, come la sua.
Emilia e il senso del bello (Repubblica Dominicana)
Emilia vive a La Cumbre, un paesino di montagna. La sua casa costruita umilmente nel corso degli anni ricorda le fiabe: dipinta in blu e arancione, adorna di fiori naturali che creano atmosfera con i loro colori e profumi, è un minuscolo museo, pieno di cimeli di famiglia: una vecchia macchina da cucire, un macinacaffè, grandi pentole di terracotta ornate di quadri e foglie, innumerevoli zucche decorate… Tutto, come per magia, al posto giusto.
Emilia è nata artista. Fin da piccola era creativa e irrequieta. Voleva andare a scuola: la curiosità e la voglia di imparare erano molto importanti per lei, ma veniva da una famiglia molto povera e la scuola era solo un sogno.
In tenera età è dovuta andare a lavorare: già a 8 anni puliva e lavava presso altre famiglie, ma, ovunque andasse, raccoglieva oggetti curiosi, con l’intento di riutilizzarli in un’armonia di colori e forme.
Sposata con un brav’uomo che lavorava la terra, ma che raccoglieva poco di che vivere, aveva comunque grandi speranze: si era recata in città per cercare lavoro per sostenere i suoi figli.
Lì ha avuto la sua prima esperienza come artigiana, anche se assunta con uno stipendio bassissimo. Ha fatto poi molti altri mestieri in cui ha cominciato a dare sfogo alla sua creatività. Donna altruista, a dispetto delle difficoltà, nel tempo libero si è anche impegnata nel sociale, animando un gruppo di contadine della sua comunità.
Oné Respe, il partner dominicano di Dona Un Sorriso, ha incontrato Emilia qualche tempo fa e lei, in breve, è divenuta l’anima del laboratorio artigianale con cui quella organizzazione sta cercando di dare un’opportunità ad alcune donne prive di altre possibilità di sostentamento: un laboratorio in cui si producono candele, saponi e oggetti ottenuti riciclando le materie più disparate.
Il Covid ha colpito duramente la salute di Emilia e del marito e c’è stato un momento in cui per entrambi non era possibile guadagnare di che vivere. Fortunatamente, con l’aiuto di persone premurose, Emilia e la sua famiglia sono riuscite a superare questo periodo e dalla metà del 2021 il laboratorio ha ripreso a funzionare. Emilia, con la sua ricerca della bellezza, ne è sempre il motore e l’esempio per le tante donne che in Repubblica Dominicana hanno difficoltà a sostenere le loro famiglie.
Jane e l'emancipazione (Uganda)
Niente è impossibile se crediamo in noi stesse. Questo voglio dire a tutte le donne.
Mi chiamo Jane Nannono, ho 49 anni, quattro figli e sono rimasta vedova a 24 anni. Mio marito è morto di AIDS. Anch’io sono positiva al virus HIV e sono in cura nell’ospedale Bishop Asili in Uganda dal 1998.
All’inizio i trattamenti antiretrovirali non c’erano. Avevo sempre febbre, mal di testa, eruzioni cutanee, bronchiti e infezioni. Alla morte di mio marito, i beni mi sono stati confiscati dalla sua famiglia. Con i miei quattro bambini sono stata scacciata dalla mia casa e dalla mia terra. Sono tornata dalla mia famiglia, che di me si vergognava ed aveva paura. Ho subito molti maltrattamenti, finchè ho deciso di andare a vivere da sola con i miei figli.
Per la cultura di qui, non ero nessuno. Ero depressa, desideravo morire. Guardavo però i miei bambini e nel mentre l’ospedale mi stava aiutando. Così ho riguadagnato la speranza.
Sono entrata a far parte di un progetto per le micro-attività imprenditoriali (allevamento di animali e sartoria). Ho iniziato a lavorare duramente per guadagnare abbastanza per me e i miei quattro figli. Ho così potuto comprare un terreno, su cui costruire la mia casa. Questo ha cambiato la mia vita. Mi sono sentita felice e fiera di me.
Ero come morta. Ora niente più mi fa paura. Ho vinto i pregiudizi della mia famiglia e della società.
Se solo tutti potessero comprendere le potenzialità racchiuse in una donna!
Ho compreso che in quanto donna posso prendere decisioni che possono produrre grossi cambiamenti nella società. Sono a fianco di tutte le donne per incoraggiarle. Credete in voi stesse, nella fibra del vostro stesso essere. Possiamo farcela.
Un ringraziamento a Sister Ernestine e a Sister Angela che mi hanno mostrato una via, mi hanno insegnato a pensare criticamente e a stare in piedi sulle mie gambe. Insieme lavoriamo non solo per la promozione delle donne, ma anche degli uomini. La società sta cambiando.