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Dona un Sorriso

Una distesa di sale e quattro patate

Ricordi dal viaggio in Bolivia di Gabriella Cittadini

Un piede di qua, un piede di là. Quando si vivono esperienze intense, il rientro nella vita ordinaria è sempre difficoltoso.
Il riandare con la mente ai giorni trascorsi in Bolivia per una delle “solite” missioni di Dona Un Sorriso (di “solito” poi in realtà non c’è proprio nulla) ha alla sua origine un desiderio, una sete, una nostalgia.
Il tempo trascorso nel Salar de Uyuni (un’escursione irrinunciabile se si va in Bolivia) è stato un ritornare all’Essenza, alla Sostanza. Un luogo metafisico il Salar, dove non esiste nulla se non una superficie bianca fatta di sale ed il cielo che la sovrasta, con il suo sole e le sue nuvole. In un magnifico silenzio, in questo apparente “poco” emerge il molto.
La materia, ridotta all’osso, si fa messaggera di Altro. Il corpo, collocato nella vastità del
nulla, riceve e trasmette messaggi allo spirito: comunica che siamo abitati dalla Vastità, che dalla Vastità siamo contenuti.

Di tutt’altro genere sono stati gli altri giorni. Non il vuoto, ma il pieno di incontri, strette di mano, abbracci, parole. La gente che vive sull’altipiano di Sacaca, a 3.800 metri di altezza, è gente semplice, abituata ad una vita dura che fa dello spirito di comunità la sua forza.
Uniti si vincono le sfide che l’ambiente presenta nello svolgersi delle stagioni.
Difficile fare argine alle emozioni in alcuni momenti. A Cochabamba abbiamo incontrato le “abuelitas” (le nonnine) che ricevono mensilmente viveri di prima necessità grazie ai nostri donatori. Sono donne anziane (pochi gli uomini) che trascorrono le loro giornate sedute per terra agli incroci delle vie, vendendo caramelle, fazzoletti di carta, qualche frutto. La sera tornano a dimore precarie con tetti in lamiera. Ne abbiamo visitate alcune. Ricordo il materasso sulla terra battuta, la desolazione della sporcizia, l’odore.
Il giorno fissato per il nostro incontro le abuelitas si sono presentate con fiori, con parole di ringraziamento e la richieste di non abbandonarle. Con noi hanno ballato e pranzato, raccogliendo al termine le ossa di pollo e le foglioline di insalata avanzate per portarle a casa. In alcuni luoghi non si butta davvero nulla.

Al momento di salutarci e di prendere
ciascuno la sua strada, una di loro si è avvicinata per regalarci quattro patate lesse (una per ciascuno di noi). Alcuni momenti contengono l’eternità.
Le abuelitas hanno i piedi sporchi, le scarpe rotte, aggiustate con strisce ricavate da sacchetti di plastica. Le abuelitas, in alcune chiese di Cochabamba, non possono andare
alla Messa perché viene detto loro che puzzano.
A volte le decisioni vengono prese seguendo ragionamenti dalla logica ineccepibile. Ma in qualche punto del ragionamento si è smarrito il Vangelo.
Ci è stato detto che la Chiesa in Bolivia sta attraversando un periodo di crisi. Diverse sono le motivazioni: uno scandalo sulla pedofilia scoppiato circa un anno fa non le ha fatto bene. La gente continua ad avere fede, ma attende una Chiesa che tenga nel suo cuore il Vangelo con tutta la sua illogicità. E questo è compito di tutti.